Con questo spettacolo, il Festival di Cervo ritorna dopo qualche anno al repertorio vocale ospitando un ensemble di coristi. Il Coro G conduce il pubblico in un viaggio stellare, orbitale e interiore, declinato attraverso le sfumature suggerite dalla musica, in un concerto dedicato alle atmosfere notturne.
“Gloria Patri” è una collezione di brani ispirati ai movimenti planetari, composti utilizzando soltanto un gruppo specifico di 5 note. Tramite la ripetizione, l’elaborazione e lo sviluppo di questi suoni e silenzi, Sisask offre una dimensione musicale unica che ben si presta al tentativo di comprensione dell’universo, e che riassume gli intenti e i contenuti del festival.
La prima sezione del concerto guarda a Le sfere celesti coniugando il tardo Rinascimento di Jacobus Gallus, compositore sloveno già cantore alla corte di Vienna, autore di madrigali e musica sacra, e la suggestione contemporanea degli inni del Gloria Patri del compositore estone Urmas Sisask. Si tratta di un ciclo di 24 inni scritti nel 1988 per coro misto e realizzati a partire da un sistema di cinque note: Do diesis, Re, Fa diesis, Sol diesis, La. Sisask dedusse questa scala musicale dai suoi studi sui movimenti dei pianeti, rimanendo poi sorpreso nello scoprire che la stessa scala esiste nel sistema musicale giapponese con il nome di kumayoshi. Gli inni, questa sera eseguiti in parte, pur nell’estrema economia del materiale musicale presentano molta varietà di carattere e di stile musicale.
La notte bella spazia ancora dal Novecento di Mauro Zuccante, la cui composizione dà il titolo alla sezione, tornando poi al fascino notturno di Johannes Brahms con la sua “guardia notturna”. Ancora, un salto alla musica contemporanea con il compositore galiziano Julio Dominquez, per chiudere questa sezione con l’inno alla notte di Philippe Rameau, clavicembalista francese vissuto tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, il cui Traité de l’harmonie reduite à ses principes naturels segnò la nascita della moderna teoria dell’armonia.
«La notte, le stelle, il silenzio, l’affascinata contemplazione del cosmo, la solitudine che scatena tempeste interiori, il senso di smarrimento di fronte all’infinito, il conforto portato da una luce nel buio, sono emozioni, sensazioni, sentimenti che la poesia e la musica hanno sempre raccontato e tradotto in parole e suoni. Nei testi sacri troviamo l’identificazione di Maria con la stella del mare, di Cristo – la cui nascita è annunciata da una cometa – con la stella del mattino». Sul far del mattino non potrebbe non essere la successiva sezione del concerto, nella quale inni gregoriani si alternano a compositori contemporanei tra inni alla luce e visioni del mattino che lasciano spazio al canto tradizionale sardo e allo spiritual.
Il fascino della notte stenta a cedere il passo alla giornata che si va aprendo: Non ho sonno! ironizza l’ultima sezione del concerto, che accompagna ancora una volta il pubblico all’ascolto di una varietà di brani accomunati da suggestioni somiglianti sebbene a distanza di secoli. E così troviamo Michael East, organista e compositore inglese del XVII secolo, affiancato al contemporaneo Javier Busto, compositore e direttore di coro spagnolo, in un ultimo sguardo incuriosito al fascino che solo la notte buia e piena di stelle e pianeti sa regalare.
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